Tempo fa ho fatto questo tour, a ritroso, nella storia dello spirito.
Non sono riuscito a capire bene l’anno che, comunque, dovrebbe essere stato poco prima del 1226. Mi trovo nella pianura umbra, tra Assisi e Santa Maria degli Angeli, in una casa in aperta campagna. E’ una buia giornata di pieno inverno, tormentata da raffiche di vento gelido e nevischio. Ho sbarrato le finestre applicando dei teli tra la finestra e la controfinestra per impedire che gli spifferi carichi di buriana possano penetrare nell’ambiente. Ho acceso un gran fuoco e cerco di riscaldarmi dopo che sono uscito fuori per prendere altra legna. E’ bastato solo questo per sentirmi il freddo penetrare nella ossa. Sono ancora tutto intabarrato e non riesco proprio a riscaldarmi, tanto è il freddo che morde tutta la pianura.
Poi ecco che, ad un tratto, sento lontano e quasi ovattato un canto … << Altissimu, onnipotente bon Signore, tue son le laude, la gloria e … et onne bendictione …>>
Mi dico: “ma chi sarà, in questa giornata da lupi, che tutto giulivo se la spassa… alla faccia!! canta e, pure, a squarcia gola. Beato Lui! sicuramente non ci sta del tutto…”.
<< Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo quale è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu et radiante cum grande splendore …>>
Soggiungo: “questo è pazzo in tutto, non ci sta affatto di mente! Mi domando dove avrà visto, oggi, questo sole tanto bellu e radiante cum grande splendore”. Ma lui continua: <<Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ellu è bello et iocundo et robustoso et forte…>>
Rifletto: “ho capito, ha visto il fumo del camino e vuole venire a scaldarsi, adesso lo faccio entrare perché, anche se folle, mi fa tanta pena”.
Apro l’uscio e vedo due poveri disgraziati, malamente coperti di cenci, che stanno nella bufera.
Li chiamo: “ehi venite che vi faccio scaldare. Da me c’è davvero un bel fuoco”.
Si avvicinano e mi accorgo che sono in tre. Il terzo è di una bellezza divina: ha una capigliatura bionda, fluente sulle spalle, e una barbetta ben curata. Uno sguardo penetrante di indicibile dolcezza. Anche lui avvolto in un mantello, del tipo antico, uguale a quelli che si usavano al tempo di Gesù. Ha un portamento di sublime signorilità. E’ talmente evanescente che a tratti si vede e a tratti no.
Sento dire: <<andiamo Leo…>>.
Entrano e quello più bassetto, mentre varca la porta, esclama: <<Pace a questa casa!! Il Signore ti benedica e ti custodisca, ti mostri la sua faccia e abbia di te misericordia. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace>>.
Cade in ginocchio e ricomincia la sua litania:
<<Tu sei santo Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose.
Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei Altissimo.
Tu sei re onnipotente. Tu, Padre santo re del cielo e della terra …>>.
Lo guardo con attenzione e vedo che ha gli occhi fissi verso un punto della casa dove si intravvede come un’ombra o, meglio, un qualcosa che io, però, non riesco a percepire bene. Poi lo vedo: è il terzo componente della compagnia, quello evanescente. Mi viene il sospetto che, a far stradire il canterino, sia il freddo. Lui è tanto preso da questa sua visione che, imperturbabile, accompagna il suo canto con sorrisi e gesti dai quali traspare il suo fervore.
Ad un tratto lo riconosco: è Francesco, il figlio di Bernardone, il “pannaro”. E’ un generoso … peccato che da qualche tempo, stando a quanto si sente dire, ha lasciato di sasso il padre e la madre, benedetta donna, e si è dato alla vita da eremita. Ricordo che una volta ho comperato da lui una veste e lui, a mia insaputa, mi infilò nella sacca anche delle brache e un mantello.
Preso da questi ricordi ho perduto, per un po’, il controllo della situazione.
Mi riprendo: ma…, “pietà e orrore …, che è quello che sento?!!” <<… Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ scappare …>>
Sbotto tra me e me: “da quando in qua la morte è sorella?! semmai è, piuttosto, una sorellastra … arcigna … malvagia … tiranna … Per carità e per l’amor di Dio! “
Ma Francesco è incontenibile:
<<Dove è odio, che io porti Pace
Dove è offesa, ch’io porti perdono
Dove è disperazione, ch’io porti la Speranza
Dove è tristezza, ch’io porti la gioia …
Maestro, fa che io non cerchi tanto di essere consolato, di essere compreso, di essere amato,
quanto di consolare, di comprendere, di amare …>>
Poi Francesco, rivolto a Leo, dice: <<andiamo a portare la pace e la gioia del Maestro anche ad altri fratelli!!>>
Cantarellando escono nella bufera e spariscono dalla mia visuale…
Ovattata e, sempre più fioca, sento la voce di Francesco <<Se in mezzo a frate inverno, tra neve, freddo e vento, stasera … tu, Frate Leo, scrivi: perfetta letizia è…>> e, poi, più non sento.
Resto perplesso per quanto sentito e accaduto ed ho la sensazione che “il Maestro” sia, ancora, lì nella mia casa, seppure invisibile, lì con me.
Mentre sono immerso in questi pensieri, si compie, a ritroso, il percorso e mi ritrovo ai tempi nostri.
Posso dirti, amico mio, che quello che ho visto e sentito quel giorno è stato qualche cosa di straordinario.
Da allora, sto ripensando continuamente a quell’incontro di cui mi sono rimaste incancellabili le figure di Frate Francesco e di quell’uomo evanescente di cui, spesso, tuttora, percepisco la presenza vicino a me …
Risento, nella mente, i canti di Francesco a frate sole, a frate focu, a frate vento … cum tucte le tue creature … ma, soprattutto, la sua invocazione al suo Maestro … fa che io non cerchi tanto di essere consolato, di essere compreso, di essere amato, quanto di consolare, di comprendere, di amare …
Col tempo ho completato l’inno di Francesco alla perfetta letizia che non consiste nell’avere ma nell’essere, tanto è vero che il suo Maestro, e ora anche mio, nel discorso della montagna, ebbe a proclamare: << Beati i poveri in spirito; beati i miti; beati i misericordiosi; beati gli operatori di pace … >>
Solo adesso mi rendo conto che il suo cantare l’inno al creato, e perfino alla morte, per me tanto strano in quel giorno di bufera, non era dovuto al freddo del nevischio e che la sua pazzia era l’esatta manifestazione della “follia della croce”. Di certo, a riscaldarlo, provvedeva il fuoco tremendo dell’amore che gli bruciava dentro, per quel Maestro-Dio che lo accompagnava e per tucte le sue creature, fra le quali anche me e te.
Da quel di’ mi torna bello e salutare canterellare: “Laudato si’, mi’ Signore per Frate Francesco e per tutte le tue creature!!”
(Mario F.)